VENDITA IN AMBITO DI PROCEDURE CONCORDATARIE E PRELAZIONE

09.08.18
Vendita competitiva nell’ambito di procedure concordatarie e prelazione
Il Tribunale di Bolzano, Ufficio fallimentare, con decreto 9 maggio 2018 (reperito ne il caso.it e il cui testo integrale è consultabile all’indirizzo http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/20064), esamina la questione relativa al rapporto fra diritto di prelazione e vendita competitiva nell’ambito di procedure concordatarie ai sensi dell’art. 163-bis l. fall.
Precisato che tale vendita è da considerarsi, sotto il profilo degli effetti, vendita coattiva – poiché comporta, da un lato, gli effetti cd. purgativi di una vendita forzata (art. 108), eseguita con decreto di trasferimento del giudice o con atto notarile previa autorizzazione del giudice, in quanto i) fatta dall’autorità giudiziaria o comunque da essa delegata, ii) indipendentemente dalla volontà del debitore, in quanto soggetta a procedura competitiva; iii) nell’interesse del ceto creditorio e iv) con distribuzione del ricavato nel rispetto delle cause legittime di prelazione ai sensi dell’art. 2741 cc; e, dall’altro lato, gli effetti liberatori dalla responsabilità dell’acquirente per debiti sorti prima del trasferimento dell’azienda e risultanti dai libri contabili obbligatori (105 l. fall.) – il Tribunale si sofferma, in particolare, sulla possibile incidenza dei limiti alla circolazione delle partecipazioni societarie, derivanti da particolari clausole di prelazione e di gradimento, incluse nel ramo d’azienda oggetto della vendita.
Il Tribunale richiama l’orientamento della Suprema Corte che, in passato, ha ritenuto incompatibile l’esercizio del diritto di prelazione nelle vendite coattive in ambito fallimentare: in particolare, si è affermato, ad esempio con riguardo alla prelazione ereditaria, che questa come ogni altro diritto di prelazione (urbana o agraria), non trova applicazione quando gli atti di alienazione non sono riconducibili ad una libera determinazione del proprietario, come avviene, appunto, in sede di vendita fallimentare (Cass. 7 luglio 1999, n. 7056, in Giust. civ. Mass., 1999, 1589; Vita not. 1999, 1408; Fallimento, 2000, 425 con nota di Figone). Allo stesso modo, con riguardo alla prelazione agraria, Cass. 12 ottobre 1982, n. 5264 (in Giust. civ. Mass., 1982) ne ha predicato l’applicabilità nella liquidazione attraverso pubblici incanti di eredità beneficiata, proprio perché si tratta di procedura non equiparabile a quelle ipotesi di vendita forzata, liquidazione coatta amministrativa, fallimento che non consentono il diritto di prelazione previsto a favore dell’affittuario coltivatore diretto dall’art. 8 della l. 26 maggio 1965 n. 590.
Inapplicabilità della prelazione confermata da Cass. 19 novembre 2003, n. 17523, (in Riv. not., 2004, 495, con nota Di Zillo, La prelazione convenzionale e legale nella vendita fallimentare: consolidazione di un principio), secondo la quale “Salvo esplicite deroghe in senso contrario, vi è una generale incompatibilità del diritto di prelazione con le vendite coattive e in particolare con quelle fallimentari. Tale incompatibilità vale non solo per le prelazioni legali, ma anche, a maggior ragione, per quelle di origine convenzionale”.
Ancorché, dunque, la prelazione non stabilisca un ostacolo al trasferimento di un bene, bensì soltanto un vincolo nell’individuazione del soggetto acquirente, in caso di vendite fallimentari la giurisprudenza ha comunque escluso la sussistenza della prelazione in ragione della natura coattiva del trasferimento, riconoscendo così la prevalenza dell’interesse al soddisfacimento delle pretese dei creditori concorsuali rispetto a quello del prelazionario (cfr. nell’ambito degli studi del CNN, E. Astuni, Vincoli opponibili nelle procedure esecutive: la locazione di immobili, rassegna di casi e questioni, Studio n. 2-2011/E, in Studi e Materiali, 2011, 1431 ss.).
Quanto al concordato preventivo, si riscontra un costante orientamento giurisprudenziale, il quale ritiene sussistente il diritto di prelazione, tanto legale, quanto convenzionale, in considerazione della natura negoziale delle vendite effettuate dal liquidatore.
Si è, a tal proposito, rilevato che «In relazione alla vendita effettuata dal liquidatore in esecuzione del concordato preventivo con cessione dei beni, è consentito l’esercizio del diritto di prelazione nell’acquisto, convenzionalmente attribuito a un terzo dal debitore prima dell’ammissione della procedura, atteso che: il rapporto di prelazione, come tutti i rapporti giuridici preesistenti, non si scioglie (mancando nella disciplina del concordato il richiamo alle disposizioni dettate dagli artt. 72-83 legge fall.) a seguito dell’apertura del concordato o della sua omologazione; non è ricavabile dal sistema l’oggettiva incompatibilità della prelazione con la fase esecutiva del concordato (sia perché la forma e le modalità della liquidazione competono al debitore cedente, che può stabilire la vendita a trattativa privata e il tribunale interviene, ai sensi dell’art. 182 legge fall., solamente se il concordato non dispone diversamente, sia perché, non rispondendo l’esclusione della prelazione nella vendita forzata a ragioni di principio, è irrilevante che il trasferimento venga attuato con atti di carattere negoziale ovvero coattivo); va escluso, infine, che la prelazione incida, di per sé, negativamente sugli interessi dei creditori, in quanto essa comporta il solo onere della “denuntiatio” e si colloca in un momento successivo alla individuazione dell’acquirente e alla definitiva determinazione del prezzo» (Cass. Sez. Un. 27 luglio 2004, n. 14083, in Dir. Fall. 2005, 191, con nota contraria di Russo Libertino, Concordato preventivo con cessione dei beni. Natura giuridica ed esperibilità del diritto di prelazione secondo le sezioni unite, e in Il fall., 2005, 131, con nota di Lo Cascio, Concordato preventivo e prelazione convenzionale nella vendita di immobili. Aderiscono all’impostazione delle Sezioni Unite anche le successive Cass. Civ., 19 febbraio 2008, n. 9872, relativa alla prelazione agraria; Cass. 2 marzo 2010 n. 4935, in Dir. e giur. agr. alim. e dell’amb., 2010, 463 con nota di Rauseo, Il diritto di prelazione nel concordato preventivo con cessione di beni ai creditori, anch’essa relativa alla prelazione agraria; Cass. 28 gennaio 2013 n. 1808, riguardante un immobile locato per uso alberghiero).
L’interpretazione data dalla costante giurisprudenza non sembra, tuttavia, soffermarsi adeguatamente sulla natura giurisdizionale del concordato preventivo e sulle finalità concorsuali della vendita liquidatoria, privilegiando, piuttosto gli aspetti procedimentali, basati sull’utilizzo di strumenti negoziali.
Nonostante, infatti, la nuova disciplina del concordato preventivo abbia accentuato il ruolo dell’autonomia negoziale nella determinazione dei contenuti dello stesso, esso conserva natura giurisdizionale, in quanto di tale procedura – che è finalizzata a prevenire la dichiarazione di fallimento – è investita l’autorità giudiziaria, la quale svolge un controllo di legalità sostanziale sull’intero procedimento.
Nonostante, poi, il debitore sottoposto al concordato preventivo non perda né l’amministrazione del proprio patrimonio, né la legittimazione a disporre dei propri beni, egli subisce limitazioni della propria capacità d’agire, in quanto fino all’omologazione del concordato preventivo, il compimento degli atti di straordinaria amministrazione richiede la preventiva autorizzazione giudiziale, mentre in seguito all’omologa le previsioni contenute nella proposta di concordato divengono vincolanti e, quindi, sia il debitore, sia i creditori sono tenuti ad eseguire gli atti in esso stabiliti, con conseguente attribuzione ai liquidatori della legittimazione al compimento degli atti di cessione previsti nel concordato stesso.
Tali circostanze sembrano attribuire natura coattiva anche alle vendite effettuate nell’ambito del concordato preventivo, soprattutto laddove sia previsto il ricorso alle procedure competitive regolate dalle disposizioni sul fallimento (Russo Libertino, Concordato preventivo con cessione dei beni. Natura giuridica ed esperibilità del diritto di prelazione secondo le sezioni unite, cit., 208, rileva che «siffatta “liquidazione giudiziale”, al di là di ogni riferimento semantico, non può che rivestire i connotati di una liquidazione forzata, non potendosi immaginare un’attività del liquidatore del tutto svincolata dal controllo da parte del giudice che l’ha nominato. Lo stesso inserimento della sorveglianza del comitato dei creditori resterebbe del tutto svuotato di significato se questo organo non avesse alcun rapporto referenziale con un giudice, cui spetti il compito di direzione del procedimento»).
Si deve, quindi, dare atto di un possibile e diverso orientamento, seguito da una giurisprudenza minoritaria, ma forse più coerente con la natura del concordato preventivo, che, con riferimento a quella urbana, esclude il ricorrere della prelazione in caso di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori (Cass. 18 maggio 2012 n. 7931; Cass. 14 gennaio 1994, n. 339, in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, 183, con nota di Ponti e Pendarin; Cass. 15 maggio 1991, n. 5464, in Vita not. 1991, 1017; Cass. 6 aprile 1990, n. 2900, in Giust. civ., 1990, I, 2596).
Il Tribunale di Bolzano, invero, assume una posizione assolutamente peculiare, dato che – e non solo con riferimento alle procedure concordatarie – afferma che «la prelazione non parrebbe essere, in linea di principio, incompatibile con il sistema delle vendite coattive, posto che si sostanzia in un diritto che il prelazionario eserciterà a parità di condizioni rispetto agli offerenti in competizione. Tale meccanismo salvaguarderebbe certamente il prelazionario, ma ciò comunque nel pieno rispetto del meccanismo pubblicistico della vendita competitiva in una procedura concorsuale, che non pregiudica affatto l’opportunità di liquidare nel migliore dei modi il patrimonio fallimentare o concordatario, né attribuirebbe ingiustificati vantaggi al prelazionario in luogo di terzi o a terzi in luogo del prelazionario, né, infine, comprometterebbe il principio della par condicio creditorum. ».
Dunque, la prelazione sarebbe compatibile tanto con la vendita competitiva nell’ambito di procedure concordatarie, quanto con la vendita fallimentare.
Con una precisazione, però: condizione per la compatibilità della prelazione è che il bene che ne è oggetto coincida pienamente con quello oggetto di trasferimento.
Laddove, invece, come nel caso all’attenzione dei giudici, il bene per il quale v’è la prelazione sia compreso nell’ambito di un complesso di beni costituenti un ramo d’azienda, l’attività svolta dagli organi fallimentari, in quanto mirata alla salvaguardia di finalità pubblicistiche, non può soffrire impedimenti disposti da una regola interna al rapporto privatistico e, dunque, vale l’orientamento consolidato della Cassazione: l’esercizio del diritto di prelazione limitatamente ad alcuni beni oggetto della proposta andrebbe, infatti, a stravolgere il contenuto della proposta (che ha ad oggetto il ramo d’azienda), la quale non potrebbe più considerarsi espressione della volontà del soggetto offerente. Inoltre lo scorporo di una parte dei beni dal complesso oggetto di offerta, e quindi di vendita, travolgerebbe il principio espresso dall’art. 105 l. fall., secondo cui va sempre preferita rispetto alla vendita atomistica dei beni quella dell’azienda, di un suo ramo, o dei rapporti giuridici in blocco, quando ciò garantisca il miglior soddisfacimento dei creditori.
Antonio Ruotolo e Daniela Boggiali
3 luglio 2018
09.08.18
Vendita competitiva nell’ambito di procedure concordatarie e prelazione
Il Tribunale di Bolzano, Ufficio fallimentare, con decreto 9 maggio 2018 (reperito ne il caso.it e il cui testo integrale è consultabile all’indirizzo http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/20064), esamina la questione relativa al rapporto fra diritto di prelazione e vendita competitiva nell’ambito di procedure concordatarie ai sensi dell’art. 163-bis l. fall.
Precisato che tale vendita è da considerarsi, sotto il profilo degli effetti, vendita coattiva – poiché comporta, da un lato, gli effetti cd. purgativi di una vendita forzata (art. 108), eseguita con decreto di trasferimento del giudice o con atto notarile previa autorizzazione del giudice, in quanto i) fatta dall’autorità giudiziaria o comunque da essa delegata, ii) indipendentemente dalla volontà del debitore, in quanto soggetta a procedura competitiva; iii) nell’interesse del ceto creditorio e iv) con distribuzione del ricavato nel rispetto delle cause legittime di prelazione ai sensi dell’art. 2741 cc; e, dall’altro lato, gli effetti liberatori dalla responsabilità dell’acquirente per debiti sorti prima del trasferimento dell’azienda e risultanti dai libri contabili obbligatori (105 l. fall.) – il Tribunale si sofferma, in particolare, sulla possibile incidenza dei limiti alla circolazione delle partecipazioni societarie, derivanti da particolari clausole di prelazione e di gradimento, incluse nel ramo d’azienda oggetto della vendita.
Il Tribunale richiama l’orientamento della Suprema Corte che, in passato, ha ritenuto incompatibile l’esercizio del diritto di prelazione nelle vendite coattive in ambito fallimentare: in particolare, si è affermato, ad esempio con riguardo alla prelazione ereditaria, che questa come ogni altro diritto di prelazione (urbana o agraria), non trova applicazione quando gli atti di alienazione non sono riconducibili ad una libera determinazione del proprietario, come avviene, appunto, in sede di vendita fallimentare (Cass. 7 luglio 1999, n. 7056, in Giust. civ. Mass., 1999, 1589; Vita not. 1999, 1408; Fallimento, 2000, 425 con nota di Figone). Allo stesso modo, con riguardo alla prelazione agraria, Cass. 12 ottobre 1982, n. 5264 (in Giust. civ. Mass., 1982) ne ha predicato l’applicabilità nella liquidazione attraverso pubblici incanti di eredità beneficiata, proprio perché si tratta di procedura non equiparabile a quelle ipotesi di vendita forzata, liquidazione coatta amministrativa, fallimento che non consentono il diritto di prelazione previsto a favore dell’affittuario coltivatore diretto dall’art. 8 della l. 26 maggio 1965 n. 590.
Inapplicabilità della prelazione confermata da Cass. 19 novembre 2003, n. 17523, (in Riv. not., 2004, 495, con nota Di Zillo, La prelazione convenzionale e legale nella vendita fallimentare: consolidazione di un principio), secondo la quale “Salvo esplicite deroghe in senso contrario, vi è una generale incompatibilità del diritto di prelazione con le vendite coattive e in particolare con quelle fallimentari. Tale incompatibilità vale non solo per le prelazioni legali, ma anche, a maggior ragione, per quelle di origine convenzionale”.
Ancorché, dunque, la prelazione non stabilisca un ostacolo al trasferimento di un bene, bensì soltanto un vincolo nell’individuazione del soggetto acquirente, in caso di vendite fallimentari la giurisprudenza ha comunque escluso la sussistenza della prelazione in ragione della natura coattiva del trasferimento, riconoscendo così la prevalenza dell’interesse al soddisfacimento delle pretese dei creditori concorsuali rispetto a quello del prelazionario (cfr. nell’ambito degli studi del CNN, E. Astuni, Vincoli opponibili nelle procedure esecutive: la locazione di immobili, rassegna di casi e questioni, Studio n. 2-2011/E, in Studi e Materiali, 2011, 1431 ss.).
Quanto al concordato preventivo, si riscontra un costante orientamento giurisprudenziale, il quale ritiene sussistente il diritto di prelazione, tanto legale, quanto convenzionale, in considerazione della natura negoziale delle vendite effettuate dal liquidatore.
Si è, a tal proposito, rilevato che «In relazione alla vendita effettuata dal liquidatore in esecuzione del concordato preventivo con cessione dei beni, è consentito l’esercizio del diritto di prelazione nell’acquisto, convenzionalmente attribuito a un terzo dal debitore prima dell’ammissione della procedura, atteso che: il rapporto di prelazione, come tutti i rapporti giuridici preesistenti, non si scioglie (mancando nella disciplina del concordato il richiamo alle disposizioni dettate dagli artt. 72-83 legge fall.) a seguito dell’apertura del concordato o della sua omologazione; non è ricavabile dal sistema l’oggettiva incompatibilità della prelazione con la fase esecutiva del concordato (sia perché la forma e le modalità della liquidazione competono al debitore cedente, che può stabilire la vendita a trattativa privata e il tribunale interviene, ai sensi dell’art. 182 legge fall., solamente se il concordato non dispone diversamente, sia perché, non rispondendo l’esclusione della prelazione nella vendita forzata a ragioni di principio, è irrilevante che il trasferimento venga attuato con atti di carattere negoziale ovvero coattivo); va escluso, infine, che la prelazione incida, di per sé, negativamente sugli interessi dei creditori, in quanto essa comporta il solo onere della “denuntiatio” e si colloca in un momento successivo alla individuazione dell’acquirente e alla definitiva determinazione del prezzo» (Cass. Sez. Un. 27 luglio 2004, n. 14083, in Dir. Fall. 2005, 191, con nota contraria di Russo Libertino, Concordato preventivo con cessione dei beni. Natura giuridica ed esperibilità del diritto di prelazione secondo le sezioni unite, e in Il fall., 2005, 131, con nota di Lo Cascio, Concordato preventivo e prelazione convenzionale nella vendita di immobili. Aderiscono all’impostazione delle Sezioni Unite anche le successive Cass. Civ., 19 febbraio 2008, n. 9872, relativa alla prelazione agraria; Cass. 2 marzo 2010 n. 4935, in Dir. e giur. agr. alim. e dell’amb., 2010, 463 con nota di Rauseo, Il diritto di prelazione nel concordato preventivo con cessione di beni ai creditori, anch’essa relativa alla prelazione agraria; Cass. 28 gennaio 2013 n. 1808, riguardante un immobile locato per uso alberghiero).
L’interpretazione data dalla costante giurisprudenza non sembra, tuttavia, soffermarsi adeguatamente sulla natura giurisdizionale del concordato preventivo e sulle finalità concorsuali della vendita liquidatoria, privilegiando, piuttosto gli aspetti procedimentali, basati sull’utilizzo di strumenti negoziali.
Nonostante, infatti, la nuova disciplina del concordato preventivo abbia accentuato il ruolo dell’autonomia negoziale nella determinazione dei contenuti dello stesso, esso conserva natura giurisdizionale, in quanto di tale procedura – che è finalizzata a prevenire la dichiarazione di fallimento – è investita l’autorità giudiziaria, la quale svolge un controllo di legalità sostanziale sull’intero procedimento.
Nonostante, poi, il debitore sottoposto al concordato preventivo non perda né l’amministrazione del proprio patrimonio, né la legittimazione a disporre dei propri beni, egli subisce limitazioni della propria capacità d’agire, in quanto fino all’omologazione del concordato preventivo, il compimento degli atti di straordinaria amministrazione richiede la preventiva autorizzazione giudiziale, mentre in seguito all’omologa le previsioni contenute nella proposta di concordato divengono vincolanti e, quindi, sia il debitore, sia i creditori sono tenuti ad eseguire gli atti in esso stabiliti, con conseguente attribuzione ai liquidatori della legittimazione al compimento degli atti di cessione previsti nel concordato stesso.
Tali circostanze sembrano attribuire natura coattiva anche alle vendite effettuate nell’ambito del concordato preventivo, soprattutto laddove sia previsto il ricorso alle procedure competitive regolate dalle disposizioni sul fallimento (Russo Libertino, Concordato preventivo con cessione dei beni. Natura giuridica ed esperibilità del diritto di prelazione secondo le sezioni unite, cit., 208, rileva che «siffatta “liquidazione giudiziale”, al di là di ogni riferimento semantico, non può che rivestire i connotati di una liquidazione forzata, non potendosi immaginare un’attività del liquidatore del tutto svincolata dal controllo da parte del giudice che l’ha nominato. Lo stesso inserimento della sorveglianza del comitato dei creditori resterebbe del tutto svuotato di significato se questo organo non avesse alcun rapporto referenziale con un giudice, cui spetti il compito di direzione del procedimento»).
Si deve, quindi, dare atto di un possibile e diverso orientamento, seguito da una giurisprudenza minoritaria, ma forse più coerente con la natura del concordato preventivo, che, con riferimento a quella urbana, esclude il ricorrere della prelazione in caso di concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori (Cass. 18 maggio 2012 n. 7931; Cass. 14 gennaio 1994, n. 339, in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, 183, con nota di Ponti e Pendarin; Cass. 15 maggio 1991, n. 5464, in Vita not. 1991, 1017; Cass. 6 aprile 1990, n. 2900, in Giust. civ., 1990, I, 2596).
Il Tribunale di Bolzano, invero, assume una posizione assolutamente peculiare, dato che – e non solo con riferimento alle procedure concordatarie – afferma che «la prelazione non parrebbe essere, in linea di principio, incompatibile con il sistema delle vendite coattive, posto che si sostanzia in un diritto che il prelazionario eserciterà a parità di condizioni rispetto agli offerenti in competizione. Tale meccanismo salvaguarderebbe certamente il prelazionario, ma ciò comunque nel pieno rispetto del meccanismo pubblicistico della vendita competitiva in una procedura concorsuale, che non pregiudica affatto l’opportunità di liquidare nel migliore dei modi il patrimonio fallimentare o concordatario, né attribuirebbe ingiustificati vantaggi al prelazionario in luogo di terzi o a terzi in luogo del prelazionario, né, infine, comprometterebbe il principio della par condicio creditorum. ».
Dunque, la prelazione sarebbe compatibile tanto con la vendita competitiva nell’ambito di procedure concordatarie, quanto con la vendita fallimentare.
Con una precisazione, però: condizione per la compatibilità della prelazione è che il bene che ne è oggetto coincida pienamente con quello oggetto di trasferimento.
Laddove, invece, come nel caso all’attenzione dei giudici, il bene per il quale v’è la prelazione sia compreso nell’ambito di un complesso di beni costituenti un ramo d’azienda, l’attività svolta dagli organi fallimentari, in quanto mirata alla salvaguardia di finalità pubblicistiche, non può soffrire impedimenti disposti da una regola interna al rapporto privatistico e, dunque, vale l’orientamento consolidato della Cassazione: l’esercizio del diritto di prelazione limitatamente ad alcuni beni oggetto della proposta andrebbe, infatti, a stravolgere il contenuto della proposta (che ha ad oggetto il ramo d’azienda), la quale non potrebbe più considerarsi espressione della volontà del soggetto offerente. Inoltre lo scorporo di una parte dei beni dal complesso oggetto di offerta, e quindi di vendita, travolgerebbe il principio espresso dall’art. 105 l. fall., secondo cui va sempre preferita rispetto alla vendita atomistica dei beni quella dell’azienda, di un suo ramo, o dei rapporti giuridici in blocco, quando ciò garantisca il miglior soddisfacimento dei creditori.
Antonio Ruotolo e Daniela Boggiali
3 luglio 2018