VERSO IL CONCORSO GLI ACCORDI DI REINTEGRAZIONE DI LEGITTIMA
- VERSO IL CONCORSO
GLI ACCORDI DI REINTEGRAZIONE DI LEGITTIMAGli accordi di reintegrazione di legittima rappresentano un disomogeneo insieme di schemi negoziali finalizzati a far recuperare al legittimario beni o valori corrispondenti alle quote di legittima lesa.
Il legislatore dedica una intera sezione a protezione dei “diritti di riserva” che, partendo dall’esperimento dell’azione di riduzione, si completa con l’azione di restituzione di beni (ove possibile) o di valori: l’intangibilità della quota di legittima è di natura quantitativa e non qualitativa. Sono due azioni autonome, ma complementari al fine di realizzare lo scopo di tutela; difatti, laddove si aderisse alla teoria della possibilità di rinunciare all’azione di restituzione con atto inter vivos prima dell’apertura della successione (al fine di stabilizzare la circolazione dei beni con provenienza donativa o successoria – G. Iaccarino), sarebbe sempre e solo una rinunzia all’aspetto qualitativo della tutela e mai a quello quantitativo, altrimenti si vanificherebbe lo scopo dell’intero impianto di cui agli artt. 553 e ss. del c.c..
Ma oltre alla via giudiziale è sicuramente possibile ottenere gli stessi risultati da parte del legittimario leso mediante un accordo negoziale con i beneficiari.
Il problema che si pone l’interprete, che non è meramente teorico, ma offre ampi risvolti pratici, riguarda l’inquadramento causale di questi accordi, e cioè se è possibile unificarli sotto una unica causa. Stiamo parlando di accordi “non tipizzati” rimessi alla legittima autonomia privata che si esplica nell’individuazione di concreti assetti negoziali per ottenere il risultato voluto. La dottrina ha individuato, principalmente, tre strumenti negoziali che sicuramente si possono inquadrare nell’ampio “genus” della fattispecie in esame:
a) Negozio transattivo;
b) Negozio oneroso di tacitazione dei diritti successori;
c) Negozio avente i medesimi effetti della pronuncia giudiziale.
Ciascuno presenta caratteristiche particolari funzionali alla causa propria dell’accordo con risvolti ed effetti diversi, non solo da un punto di vista squisitamente giuridico, ma anche da un punto di vista fiscale/tributario.A) NEGOZIO TRANSATTIVO
Il negozio transattivo fonda il suo presupposto sulle posizioni contrapposte dell’erede (beneficiario) e del legittimario.
Pertanto, al fine di prevenire una lite (esperimento dell’azione di riduzione) o di porre fine ad una lite già esistente, le parti si fanno reciproche concessioni concludendo una transazione ex art. 1935 e ss. c.c. . Occorre, quindi, che vi siano “reciproche concessioni” il cui valore complessivo non sia pari all’asserito valore della lesione; siamo sicuramente in ambito di un negozio inter vivos traslativo che produce effetti dal momento in cui si perfeziona, che seguirà le ordinarie regole di tassazione proporzionale in tema di imposta di Registro.B) NEGOZIO ONEROSO DI TACITAZIONE DEI DIRITTI SUCCESSORI
Gli elementi caratterizzanti di tale negozio sono:
1) L’integrale riconoscimento dei diritti successori dei legittimari;
2) La rinuncia ad ogni pretesa tramite pagamento di un “corrispettivo”.
Anche in questo caso siamo nell’ambito di un negozio traslativo con effetti che non retroagiscono, che segue le regole ordinarie di tassazione con la particolarità che l’erede può trasferire sia beni ereditari che beni propri.C) NEGOZIO AVENTE I MEDESIMI EFFETTI DELLA PRONUNCIA GIUDIZIALE
Qui cambia completamente l’approccio metodologico alla composizione dei rapporti tra erede e legittimario. Il negozio riproduce esattamente lo stesso risultato cui il legittimario potrebbe pervenire a seguito del vittorioso esperimento dell’azione di riduzione. La caratteristica di questo accordo è che “non determina una vicenda traslativa: i beni si considerano, nei riguardi del legittimario leso, come mai usciti dal patrimonio del de cuius, pertanto il titolo di acquisto non è l’atto, bensì la stessa legge (MENGONI)”. Ovvero, l’acquisto non avviene tramite il negozio inter vivos (che ha natura dichiarativa), bensì “iure successionis”. Il negozio non produce altro effetto che quello medesimo della sentenza: rende inefficace la delazione testamentaria, facendo rendere operativa la delazione “ex lege”: in questo senso anche il normato tributario che prevede (per tale accordo) l’applicazione dell’imposta sulle successioni e non quella di registro, rimarcando la provenienza successoria e non inter vivos dell’attribuzione al legittimario.
Per completezza si sottolinea (sic dottrina prevalente) che alle parti non è precluso un negozio di “mero accertamento”, mancando una norma espressa e specifica che disponga in senso contrario al fine di comprimere il principio generale dell’autonomia contrattuale.In sintesi possiamo concludere che questi accordi sono equiparati da una “causa” unica, che è rappresentata dalla tutela dei legittimari lesi, i quali, con questi negozi, reintegrano le loro aspettative patrimoniali, nel rispetto ed attuazione dei principi fondamentali imposti dal nostro legislatore in ambito successorio.
Le modalità operative, invece, tipizzano i detti accordi in maniera completamente diversa, esemplificandosi in negozi dispositivi-traslativi con efficacia ex nunc o in negozi dichiarativi, di mero accertamento, non traslativi che fanno retroagire gli effetti al momento dell’apertura della successione.
E’ importante marcare queste differenze che hanno non solo una portata ermeneutica di grandissima rilevanza da un punto di vista esclusivamente giuridico (vedi l’individuazione del titolo traslativo ed il momento di produzione degli effetti), ma anche da un punto di vista tributario relativamente alla tassazione dell’atto che contiene detti accordi (1).
Gennaro Fiordiliso(1) Art. 43 del D. Lgs 346/1990: “nelle successioni testamentarie l’imposta si applica in base alle disposizioni contenute nel testamento, anche se impugnate giudizialmente, nonchè agli eventuali accordi diretti a reintegrare i diritti dei legittimari, risultanti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, salvo il disposto, in caso di accoglimento dell’impugnazione o di accordi sopravvenuti, dell’art. 28, comma 6 o dell’art. 42, comma 1, lettera e)”.
- VERSO IL CONCORSO
GLI ACCORDI DI REINTEGRAZIONE DI LEGITTIMAGli accordi di reintegrazione di legittima rappresentano un disomogeneo insieme di schemi negoziali finalizzati a far recuperare al legittimario beni o valori corrispondenti alle quote di legittima lesa.
Il legislatore dedica una intera sezione a protezione dei “diritti di riserva” che, partendo dall’esperimento dell’azione di riduzione, si completa con l’azione di restituzione di beni (ove possibile) o di valori: l’intangibilità della quota di legittima è di natura quantitativa e non qualitativa. Sono due azioni autonome, ma complementari al fine di realizzare lo scopo di tutela; difatti, laddove si aderisse alla teoria della possibilità di rinunciare all’azione di restituzione con atto inter vivos prima dell’apertura della successione (al fine di stabilizzare la circolazione dei beni con provenienza donativa o successoria – G. Iaccarino), sarebbe sempre e solo una rinunzia all’aspetto qualitativo della tutela e mai a quello quantitativo, altrimenti si vanificherebbe lo scopo dell’intero impianto di cui agli artt. 553 e ss. del c.c..
Ma oltre alla via giudiziale è sicuramente possibile ottenere gli stessi risultati da parte del legittimario leso mediante un accordo negoziale con i beneficiari.
Il problema che si pone l’interprete, che non è meramente teorico, ma offre ampi risvolti pratici, riguarda l’inquadramento causale di questi accordi, e cioè se è possibile unificarli sotto una unica causa. Stiamo parlando di accordi “non tipizzati” rimessi alla legittima autonomia privata che si esplica nell’individuazione di concreti assetti negoziali per ottenere il risultato voluto. La dottrina ha individuato, principalmente, tre strumenti negoziali che sicuramente si possono inquadrare nell’ampio “genus” della fattispecie in esame:
a) Negozio transattivo;
b) Negozio oneroso di tacitazione dei diritti successori;
c) Negozio avente i medesimi effetti della pronuncia giudiziale.
Ciascuno presenta caratteristiche particolari funzionali alla causa propria dell’accordo con risvolti ed effetti diversi, non solo da un punto di vista squisitamente giuridico, ma anche da un punto di vista fiscale/tributario.A) NEGOZIO TRANSATTIVO
Il negozio transattivo fonda il suo presupposto sulle posizioni contrapposte dell’erede (beneficiario) e del legittimario.
Pertanto, al fine di prevenire una lite (esperimento dell’azione di riduzione) o di porre fine ad una lite già esistente, le parti si fanno reciproche concessioni concludendo una transazione ex art. 1935 e ss. c.c. . Occorre, quindi, che vi siano “reciproche concessioni” il cui valore complessivo non sia pari all’asserito valore della lesione; siamo sicuramente in ambito di un negozio inter vivos traslativo che produce effetti dal momento in cui si perfeziona, che seguirà le ordinarie regole di tassazione proporzionale in tema di imposta di Registro.B) NEGOZIO ONEROSO DI TACITAZIONE DEI DIRITTI SUCCESSORI
Gli elementi caratterizzanti di tale negozio sono:
1) L’integrale riconoscimento dei diritti successori dei legittimari;
2) La rinuncia ad ogni pretesa tramite pagamento di un “corrispettivo”.
Anche in questo caso siamo nell’ambito di un negozio traslativo con effetti che non retroagiscono, che segue le regole ordinarie di tassazione con la particolarità che l’erede può trasferire sia beni ereditari che beni propri.C) NEGOZIO AVENTE I MEDESIMI EFFETTI DELLA PRONUNCIA GIUDIZIALE
Qui cambia completamente l’approccio metodologico alla composizione dei rapporti tra erede e legittimario. Il negozio riproduce esattamente lo stesso risultato cui il legittimario potrebbe pervenire a seguito del vittorioso esperimento dell’azione di riduzione. La caratteristica di questo accordo è che “non determina una vicenda traslativa: i beni si considerano, nei riguardi del legittimario leso, come mai usciti dal patrimonio del de cuius, pertanto il titolo di acquisto non è l’atto, bensì la stessa legge (MENGONI)”. Ovvero, l’acquisto non avviene tramite il negozio inter vivos (che ha natura dichiarativa), bensì “iure successionis”. Il negozio non produce altro effetto che quello medesimo della sentenza: rende inefficace la delazione testamentaria, facendo rendere operativa la delazione “ex lege”: in questo senso anche il normato tributario che prevede (per tale accordo) l’applicazione dell’imposta sulle successioni e non quella di registro, rimarcando la provenienza successoria e non inter vivos dell’attribuzione al legittimario.
Per completezza si sottolinea (sic dottrina prevalente) che alle parti non è precluso un negozio di “mero accertamento”, mancando una norma espressa e specifica che disponga in senso contrario al fine di comprimere il principio generale dell’autonomia contrattuale.In sintesi possiamo concludere che questi accordi sono equiparati da una “causa” unica, che è rappresentata dalla tutela dei legittimari lesi, i quali, con questi negozi, reintegrano le loro aspettative patrimoniali, nel rispetto ed attuazione dei principi fondamentali imposti dal nostro legislatore in ambito successorio.
Le modalità operative, invece, tipizzano i detti accordi in maniera completamente diversa, esemplificandosi in negozi dispositivi-traslativi con efficacia ex nunc o in negozi dichiarativi, di mero accertamento, non traslativi che fanno retroagire gli effetti al momento dell’apertura della successione.
E’ importante marcare queste differenze che hanno non solo una portata ermeneutica di grandissima rilevanza da un punto di vista esclusivamente giuridico (vedi l’individuazione del titolo traslativo ed il momento di produzione degli effetti), ma anche da un punto di vista tributario relativamente alla tassazione dell’atto che contiene detti accordi (1).
Gennaro Fiordiliso(1) Art. 43 del D. Lgs 346/1990: “nelle successioni testamentarie l’imposta si applica in base alle disposizioni contenute nel testamento, anche se impugnate giudizialmente, nonchè agli eventuali accordi diretti a reintegrare i diritti dei legittimari, risultanti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, salvo il disposto, in caso di accoglimento dell’impugnazione o di accordi sopravvenuti, dell’art. 28, comma 6 o dell’art. 42, comma 1, lettera e)”.