CONFLITTO DI INTERESSI IN S.P.A.- TRIBUNALE DI ROMA

Il Tribunale di Roma, III sez. civile specializzata in materia di impresa, con sentenza del 7 marzo 2017 (rinvenibile su ilcaso.it), affronta la questione della sussistenza del conflitto di interessi ai sensi dell’art. 2475-ter, c.c., in rapporto ad una fideiussione rilasciata da una società in favore di un istituto di credito a garanzia di un mutuo concesso ad altra società della quale era socio e amministratore unico l’amministratore della società fideiubente.
Nel caso di specie, la fideiussione era stata autorizzata con delibera assembleare della quale pure si chiedeva di accertare l’invalidità, asserendo che questa era stata assunta senza la partecipazione, neppure per delega, del socio unico.
Riguardo a tale ultimo profilo, il Tribunale, in perfetta linea con una sua recente pronuncia (Trib. Roma, 10 ottobre 2016, in CNN Notizie del 10 gennaio 2017, con nota Ruotolo – Boggiali, Legittimazione attiva e legittimazione passiva nell’impugnazione delle delibere assembleari) e con la giurisprudenza della Suprema Corte (Cass., sez. 1, 5 ottobre 2012, n. 17060) nega che la società abbia legittimazione attiva. Deve, infatti, escludersi in radice che la società sia legittimata a chiedere l’annullamento di deliberazioni assunte dalla propria assemblea: e ciò dal momento che l’ordinamento appresta per il caso di invalidità delle deliberazioni assembleari di società di capitali e cooperative i soli rimedi dell’annullamento e della nullità delle deliberazioni stesse di cui agli artt. 2377 e 2479 ter c.c. che individuano quali soggetti legittimati a proporre il giudizio i soggetti indicati e non già la società medesima. La società, dunque, è (solo) legittimata passiva nel giudizio di impugnazione, proprio perché da essa promana la manifestazione di volontà che è oggetto dell’impugnazione, e sarebbe quindi inammissibile attribuirle la legittimazione ad insorgere giudizialmente contro la sua stessa volontà. Tale conclusione si spiega razionalmente con la considerazione che la società non ha un “proprio” interesse rispetto ad una determinata deliberazione. Dunque, la società non può quindi chiedere l’annullamento di deliberazioni riferibili ad assemblee dei propri soci ovvero l’accertamento della nullità di tali deliberazioni.
Dato che il socio unico non aveva impugnato la delibera, per il Tribunale deve necessariamente ritenersi che la stessa sia efficace e che, dunque, assuma rilievo organizzativo all’interno della società.
Ciò chiarito, passando all’esame della questione dell’annullabilità del contratto di fideiussione per conflitto di interessi dell’amministratore unico, il Tribunale ricorda, anzitutto, come nell’ambito della disciplina di cui all’art. 2475-ter, c.c. – per il quale, i contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza della società in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, con la medesima possono essere annullati su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo – che sostanzialmente riprende quella dell’art. 1394, c.c., rientrano tanto i contratti sinallagmatici, quanto quelli a prestazione unilaterale, quale, appunto, la fideiussione.
La domanda attorea viene respinta, non avendo la società comunque provato alcuno degli elementi costitutivi la fattispecie conflitto di interessi.
Questo, nella disciplina dell’art. 1394, c.c., presuppone “un rapporto di incompatibilità tra le esigenze del rappresentato e quelle personali del rappresentante (o di un terzo che egli a sua volta rappresenti) e tale rapporto – da riscontrare non in termini astratti ed ipotetici, ma con riferimento specifico al singolo atto, e che costituisce causa d’annullabilità per vizio della volontà negoziale (sempre che detta situazione sia conosciuta o conoscibile dall’altro contraente) – è ravvisabile rispetto al contratto le cui intrinseche caratteristiche consentano l’utile di un soggetto solo passando attraverso il sacrificio dell’altro”. Disciplina, quella dell’art. 1394, c.c., che è pacificamente ritenuta applicabile anche alla concessione di garanzia da parte di una società ad un’altra, con riguardo a contratto che sia stato stipulato in posizione di conflitto d’interessi dall’amministratore unico ovvero dall’amministratore delegato, che abbia agito nell’ambito dei poteri conferitigli senza preventiva deliberazione dell’organo societario (Cass. civ., n. 1525/2006; Cass., n. 3385/2004; Cass., n. 4505/2000; Cass., n. 7166/95; Cass., n. 1089/92).
Sotto altro profilo, l’art. 2475 ter c.c. presuppone che l’amministratore, portatore di un interesse in conflitto con la società, abbia la possibilità di influire sul contenuto negoziale dell’atto, circostanza che è da escludere laddove egli si sia limitato a recepire all’interno del contenuto negoziale la volontà dei soci cristallizzatasi in una decisione della società, coerentemente con la norma generale di cui all’art. 1395, c.c., che esclude l’annullabilità laddove il contenuto contrattuale sia stato predeterminato dal rappresentato.
Il quadro normativo consente, dunque di ritenere sussistente il conflitto di interessi al ricorrere di tre presupposti: “(1) il fatto che l’amministratore sia portatore di un interesse che possa dirsi obbiettivamente in conflitto con quello della società rappresentata, (2) la possibilità per l’amministratore di influenzare la scelta negoziale assunta dalla società e (3) la conoscibilità del conflitto di interessi da parte del terzo contraente”.
Per quanto riguarda il primo aspetto, nel caso in esame, la parte attrice non fornisce la prova della situazione di conflitto di interessi, al momento della stipula della fideiussione, non essendo sufficiente il fatto che l’amministratore della fideiubente era socio e amministratore della società a garanzia dei cui debiti la fideiussione era rilasciata (v., al riguardo, recentemente Trib. Ancona, 10 febbraio 2016 n. 259, in CNN Notizie del 6 febbraio 2016, con nota di Paolini – Ruotolo, Fideiussione prestata da società a responsabilità limitata e annullabilità per conflitto di interessi ex art. 1394 cod. civ.), né essendo provato che vi fosse una situazione di concorrenza fra le due società.
Viene, a tal proposto, ricordato il recente orientamento della S.C. (Cass. 30 dicembre 2014, n. 27547), in base al quale “nel caso in cui una società abbia prestato fideiussione in favore di un’altra società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della prima, l’esistenza di un conflitto d’interessi tra la società garante ed il suo amministratore, ai fini dell’annullabilità del contratto, non può essere fatta discendere genericamente dalla mera coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società, ma deve essere accertata in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica di incompatibilità degli interessi di cui siano portatori, rispettivamente, la società che ha prestato la garanzia ed il suo amministratore”.
Per quanto riguarda il secondo e il terzo aspetto, da un lato non può dirsi provato che l’amministratore fosse in grado di influenzare la scelta negoziale assunta dalla società, essendovi una delibera assembleare autorizzativa che non è stata impugnata dai soggetti legittimati ed è quindi valida ed efficace; dall’altro lato, proprio la validità ed efficacia della delibera costituiscono elementi tali da escludere la conoscibilità dell’asserito conflitto di interessi da parte del terzo (in questo caso l’istituto di credito), al quale, peraltro, non può neppure ascriversi per tali profili un comportamento negligente.

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