Cass. 3 ottobre 2018, n. 24139
La Corte di Cassazione, sez. VI, con ordinanza 3 ottobre 2018, n. 24139, conferma il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza (Cass. 9 agosto 2005, n. 16764; Cass. 26 febbraio 2002, n. 2769; Cass. 24 febbraio 1997, n. 1647) e dalla dottrina (Franzoni, Gli amministratori e i sindaci, in Tratt. Galgano, 2002, 83; Libonati, Lezioni di diritto commerciale, Milano, 2004, 250; Campobasso, Diritto commerciale, 2, Torino, 1992, 333), secondo cui il diritto al compenso dell’amministratore nasce dall’assunzione dell’incarico (in tal senso, espressamente, Cass., 21 giugno 2017, n. 15382, per cui «con l’accettazione della carica, l’amministratore di società acquisisce il diritto a essere compensato per l’attività svolta in esecuzione dell’incarico affidatogli»).
Per la Suprema Corte, quello di amministratore di società è contratto che la legge presume oneroso, come si desume dalla norma dell’art. 1709 cod. civ. dettata con riferimento allo schema generale dell’agire gestorio e senz’altro applicabile anche alla materia societaria, come pure posta a presupposto delle previsioni dell’art. 2389 cod. civ., specificamente scritte per il tipo società per azioni).
Dunque, l’amministratore ha diritto al compenso anche se non è deliberato dall’assemblea dei soci e se non ne ha mai fatto richiesta. Un’eventuale gratuità dell’incarico può procedere, di conseguenza, unicamente da una apposita previsione dello statuto della società interessata o da una apposita clausola del contratto di amministrazione.
Ciò non toglie, naturalmente, che – una volta instaurato il rapporto – l’amministratore possa pure rinunciare al compenso spettantegli (Cass., 22 giugno 2018, n. 16530).
11 ottobre 2018
Antonio Ruotolo e Daniela Boggial