Corte di Cassazione, Sezione 2 civile
Sentenza 5 novembre 2010, n. 22589
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) La sentenza impugnata, che ha escluso la rilevanza della eventuale prova dell’offerta della prelazione data oralmente e non per iscritto, cosi’: reca in motivazione: “… i convenuti attuali appellati si obbligavano in caso di vendita o permuta totale o parziale di terreni loro donati ad offrire in prelazione a parita’ di condizioni alle sorelle Ma. e M. le quali avrebbero potuto esercitare il detto diritto entro sei mesi dal ricevimento della comunicazione contenente la loro volonta’ di alienare.
E’ evidente che il riferimento alla comunicazione va inteso nel senso di comunicazione a farsi per iscritto, trattandosi tra l’altro di beni immobili”.
2) I ricorrenti lamentano con il primo motivo violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 24 Cost., articoli 1322, 1325, 1350, 1352, 1362, 2725 e 2697 c.c., nonche’ articoli 115 e 132 c.p.c., in relazione all’articolo 360, nn. 3 e 5.
Il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione sarebbe viziata e’ indicato nell’avere la Corte d’appello negato ai ricorrenti “la possibilita’ di dimostrare, mediante prova per interpello e per testi, da un canto, l’avvenuta “comunicazione” alla sorella Ma. del loro intendimento di vendere il predio de quo alla sig.ra Fe.Ma. e delle “condizioni” per la cosa e, dall’altro, la risposta negativa pervenuta dalla germana”.
Quanto al profilo ex articolo 360, n. 3, i ricorrenti formulano quesito articolato in tre proposizioni, che si integrano e completano per affrontare unitariamente la questione controversa: a) (se sia vero che) il patto di prelazione ha efficacia obbligatoria e, se le parti non hanno detto nulla sulla forma essa hanno inteso che sia forma libera.
- b) (Dica la Corte) se l’articolo 1350 c.c., n. 1, si applichi anche alla denuntiatio “nel caso in cui inerisca un patto di prelazione che non rechi prescrizione alcuna sulla forma della comunicazione”, anche in caso di vendita di immobile.
- c) e’ coerente con l’articolo 1362 c.c., un’interpretazione che preveda la necessita’ di una forma se le parti non ne hanno stabilita alcuna?
3) Il ricorso e’ fondato nei limiti che si vanno a precisare.
Stabilire se la denuntiatio, cioe’ la comunicazione al titolare del diritto di prelazione, da parte dell’onerato, dell’intenzione di pervenire alla stipulazione di un contratto, debba essere data per iscritto o oralmente dipende dalla soluzione data alla qualificazione di essa come proposta contrattuale o come mera comunicazione della disponibilita’ a contrattare alle condizioni comunicate.
Nell’ordinamento sono note e diffuse alcune ipotesi di prelazione legale, che hanno dato luogo, sul punto, a vivaci sviluppi giurisprudenziali. In tema di prelazione urbana le Sezioni Unite (Cass. 5359/89) hanno insegnato che la denuntiatio prevista dalla Legge n. 392 del 1978, articolo 38, comma 1, a carico del locatore che intenda trasferire a titolo oneroso l’immobile locato ad uso diverso dall’abitazione, non costituisce una proposta contrattuale di vendita rivolta al conduttore, e neppure mera informativa di generici intenti destinata ad avviare trattative tra le parti, ma e’ un atto dovuto di interpello, vincolato nella forma e nel contenuto (cfr anche Cass. 20671/09; 11551/98).
La sentenza delle Sezioni Unite ha erroneamente indotto a credere (cfr. Cass. 7257/91 e Cass 577/01) che, in assenza di specifica previsione, non vi sia necessita’ di forma scritta in relazione alla prelazione agraria di cui alla Legge n. 590 del 1965, articolo 8 e Legge n. 817 del 1971, articolo 8. Successivamente la giurisprudenza ha evidenziato come in materia di contratti agrari, anche per esigenze di tutela e di certezza, sia richiesta la forma scritta “ad substantiam”, poiche’ la “denuntiatio” non va considerata solo come atto negoziale, ma anche come atto preparatorio di una fattispecie traslativa avente ad oggetto un bene immobile, cioe’ il fondo agrario, onde deve rivestire necessariamente la forma scritta, in applicazione dell’articolo 1350 cod. civ. (cfr., funditus, Cass 9519/07 e 26079/05; successivamente 1348/09; 13211/10).
Anche con riferimento alla prelazione del coerede e all’obbligo relativo di cui all’articolo 732 c.c., si e’ giunti ad affermare che la proposta di alienazione della quota ereditaria, che il coerede deve notificare agli altri eredi per consentire loro l’esercizio del diritto di prelazione nel caso intenda procedere all’alienazione in favore di un estraneo, deve rivestire a pena di nullita’ la forma scritta allorche’ l’oggetto della suddetta quota sia costituito in tutto o in parte da beni immobili (Cass. 27-11-2006, n. 25041).
3.1 La dottrina oscilla, non senza ipotesi intermedie e “soluzioni composite”, tra la tesi della natura non negoziale della denuntiatio e quella, diametralmente opposta, che la considera sempre quale proposta contrattuale, alla quale in caso di esercizio della prelazione segue la conclusione di un contratto definitivo di trasferimento.
E’ emersa tuttavia, da una piu’ attenta lettura, di cui e’ testimonianza la perdurante fortuna dottrinaria dell’istituto, al quale sono stati dedicati piu’ studi monografici negli ultimi anni, l’esigenza di distinguere tra le ipotesi di prelazione legale e la prelazione convenzionale.
Quest’ultima, che ha carattere meramente obbligatorio e dalla cui violazione puo’ scaturire non altro che il diritto al risarcimento del danno (cosi’ SU 5895/97; cfr. poi Cass. 10435/02 in Giust. Civ., 2003, 2867), puo’ essere configurata dai contraenti con valore di mero avviso o comunicazione, mirante a trasmettere al prelazionario la disponibilita’ di un terzo a contrattare alle condizioni comunicate. Non interessa qui approfondire quanto la dottrina ha affermato in ordine alla sussistenza o meno della possibilita’ del promittente di non mantenere l’impegno contrattuale fino a quando sia stato stipulato un “contratto perfetto” e l’eventuale responsabilita’ precontrattuale in cui potrebbe incorrere.
Ai fini che interessano nella controversia in esame e’ sufficiente considerare che e’ ben possibile che il patto di prelazione sia configurato come mero interpello, con la conseguenza che la comunicazione dovuta all’onorato potrebbe in tale ipotesi non richiedere necessariamente la forma scritta. Non a caso infatti la piu’ autorevole dottrina e’ giunta ad affermare che nella prelazione convenzionale l’interpretazione del patto, anche con riferimento alla denuntiatio, e’ una “quaestio voluntatis”, da risolvere secondo i comuni canoni ermeneutici dettati dall’articolo 1362 c.c., e segg..
4) La sentenza impugnata, come rilevato in ricorso (pag. 8) non ha colto la distinzione qui esposta e si e’ limitata del tutto apoditticamente ad affermare che il riferimento alla comunicazione va inteso nel senso di comunicazione a farsi per iscritto. Questo approccio potrebbe accreditare l’ipotesi che sia stata esclusa implicitamente la qualificazione della prelazione come proposta contrattuale, perche’ altrimenti sarebbe stata subito valorizzata la circostanza che il contratto ineriva beni immobili, con richiamo dell’articolo 1350 c.c.. La motivazione invece si limita ad aggiungere alla prima decisiva argomentazione un’aggiunta rafforzativa: “trattandosi tra l’altro di beni immobili”, che, cosi’ manifestata, si presta ad ambigua lettura. Puo’ essere infatti intesa come argomento di supporto alla interpretazione della lettera contrattuale o come riferimento implicito al disposto normativo da ultimo evocato, senza peraltro alcun cenno alla volonta’ delle parti o ad altri criteri ermeneutici.
In tal modo la sentenza presta il fianco sia alla critica per insufficiente motivazione, sia alla censura con la quale e’ stato evidenziato che nel caso di prelazione convenzionale e’ necessario svolgere un’esauriente interpretazione del patto di prelazione – al lume dell’articolo 1362 c.c., e segg. – per determinare se la relativa denuntiatio debba essere formulata per iscritto o possa essere data oralmente.
5) Consegue da quanto esposto l’accoglimento del primo motivo di ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di provenienza, altra Sezione, per nuovo esame, da condurre alla stregua del principio di diritto da ultimo evidenziato e mediante adeguata motivazione.
Restano assorbiti i restanti motivi di ricorso, attinenti la prova e la misura del risarcimento del danno, la cui configurabilita’e’ resa incerta dal futuro esito della questione qui esaminata.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese di questo grado di giudizio ad altra Sezione della corte d’appello di Napoli.