PROCURA GENERALE A STIPULARE CONVENZIONI MATRIMONIALI

*Cassazione, 8 maggio 2015, n. 9425

La decisione della Corte di Cassazione, la quale, con la sentenza in commento, ha innanzitutto rilevato che «con riferimento agli addebiti contestati in sede disciplinare al notaio (…), riguardanti la violazione dell’art. 28 della L.N. per aver ricevuto due procure generali aventi ad oggetto il conferimento al rappresentante della facoltà di stipulare convenzioni matrimoniali, tra le quali anche la costituzione di fondi patrimoniali, si pone il problema di verificare se in ordine alla ammissibilità o meno della rappresentanza nella stipula di tali convenzioni si sia formato in dottrina ed in giurisprudenza un orientamento consolidato in uno o nell’altro senso, posto che solo nell’ipotesi affermativa sussiste per il notaio il divieto di cui all’art. 28 menzionato; invero l’avverbio “espressamente” che in tale disposizione qualifica la categoria degli “atti proibiti dalla legge”, deve intendersi come “inequivocamente”; pertanto tale divieto si riferisce a contrasti dell’atto con la legge che risultino in termini inequivoci, anche se la sanzione deriva solo attraverso la disposizione generale dell’art. 1418 primo comma c.c., per effetto di un consolidato orientamento interpretativo giurisprudenziale o dottrinale (Cass. 11-11-1997 n. 11128; Cass. 11-3-2011 n. 5913; Cass. 20-7-2011 n. 15892). Orbene, nell’assenza di pronunce “ex professo” di questa Corte al riguardo, e di mancanza quindi di un orientamento della giurisprudenza di legittimità valutabile ai suddetti fini, si segnalano invece numerosi contributi dottrinari in tale materia».

Ciò chiarito, la Suprema Corte ha osservato come «indubbiamente sussiste un indirizzo della dottrina che, sulla base della natura personale delle convenzioni matrimoniali in quanto finalizzate alla realizzazione di fini inerenti allo “status” matrimoniale, esclude la legittimità del conferimento di una procura avente ad oggetto la facoltà di stipulare dette convenzioni» .

Al contempo, la stessa Corte ha rilevato però come si sia «pure affermato un diverso orientamento dottrinario in senso contrario che valorizza il profilo patrimoniale di tali convenzioni, che quindi ritiene che il potere di rappresentanza conferito con la procura ha ad oggetto diritti di natura patrimoniale, e che le convenzioni matrimoniali non incidono direttamente sullo “status” personale dei coniugi» .

A fronte della diversità di opinioni appena evidenziate, la Corte di Cassazione, senza aderire a nessuno dei due predetti orientamenti, si è limitata «a prendere atto di tale contrasto e quindi della mancanza di un indirizzo consolidato nell’uno o nell’altro senso ai fini della valutazione della configurabilità o meno della infrazione disciplinare addebitata al notaio». Di conseguenza, essa ha così ritenuto di «non condividere il diverso assunto della Corte territoriale, che ha concluso per la sussistenza della responsabilità disciplinare dell’attuale ricorrente sulla base del proprio convincimento personale, invero irrilevante ai fini del decidere, e sul generico rilievo che non sussisterebbe un reale contrasto tra i due sopra enunciati indirizzi dottrinari, concordi nel ritenere l’inammissibilità di una procura avente ad oggetto la stipulazione di una convenzione matrimoniale, senza peraltro addurre specifici elementi di riscontro in proposito». Ed ancora, ha considerato erroneo l’ulteriore «assunto del giudice di appello in ordine alla manifesta contrarietà all’ordine pubblico delle due procure generali ricevute dal notaio (…), posto che la sussistenza di un indirizzo della dottrina che ritiene l’ammissibilità di una siffatta procura esclude in radice una tale evenienza, considerato l’ordine pubblico come il complesso dei principi e dei valori che informano l’organizzazione politica dello Stato, e che sono immanenti nell’ordinamento giuridico vigente nello Stato in una determinata fase storica».

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