RIDUZIONE DEL CAPITALE PER PERDITE E UTILI DI PERIODO- ORDINANZA TRIBUNALE MILANO 5 APRILE 2016

RIDUZIONE DEL CAPITALE PER PERDITE E UTILI DI PERIODO (Tribunale di Milano, Sezione spec.impresa, ord. 5 aprile 2016)

La delibera con cui l’assemblea dispone il ripianamento delle perdite e la ricostituzione del capitale senza tenere conto degli utili di periodo risultanti da una situazione economica-patrimoniale straordinaria è invalida perché le disponibilità della società devono essere intaccate secondo un ordine che tenga conto del grado di facilità nella destinazione ai soci e i diversi strati del netto costituiscono un presidio avanzato del capitale sociale, progressivamente vincolati a contrappeso di garanzia dell’irresponsabilità dei soci.

D’altra parte, in una valutazione comparativa dei rispettivi pregiudizi non può essere concessa in via cautelare la sospensione dell’esecuzione della deliberata ricapitalizzazione realizzata con integrale sottoscrizione dell’azionista di maggioranza (per la parte di sua spettanza seduta stante, per la parte restante all’esito del mancato esercizio del diritto di opzione dell’azionista di minoranza): risulta infatti vitale per la s.p.a. presentarsi come società ancora in bonis e in grado di proseguire l’attività, laddove la impugnante per evitare l’estromissione dalla società avrebbe potuto compiere un investimento pienamente compatibile con le sue possibilità economiche e finanziarie.

                                            BREVI ANNOTAZIONI

Nello stesso senso si è espressa anche la Suprema Corte, che ha rilevato che l’ammontare delle perdite deve essere determinato al netto delle riserve, a pena di nullità della delibera, affermando testualmente che «le disponibilità della società devono essere intaccate secondo un ordine che tenga conto del grado di facilità con cui la società potrebbe deliberare la destinazione… il capitale sociale ha un grado di indisponibilità maggiore di quello relativo alle riserve legali, laddove le riserve statutarie e quelle facoltative create dall’assemblea sono liberamente disponibili… pertanto, debbono essere utilizzati, nell’ordine, prima le riserve facoltative, poi quelle statutarie, indi quelle legali e, da ultimo, il capitale sociale» (così Cass., 6 novembre 1999, n. 12347, in Vita not., 2001, 337, in Giust. civ., 2000, I, 739, in Società, 2000, 943. Nello stesso senso, più recentemente, Cass. 17 novembre 2005, n. 23269, in Foro it., 2007, I, 919; Cass., 2 aprile 2007, n. 8221, in Vita not., 2008, 1, 135, con nota di CARLINI).

In linea con tale affermazione, in uno studio del Consiglio nazionale del Notariato si ribadisce quanto segue: <<Pur nel silenzio del legislatore, quindi, ben si può sostenere che le perdite sembrano destinate ad incidere sul netto come segue:
– prima a carico delle riserve volontarie o facoltative disponibili, nell’ambito delle quali potrebbe anche giustificarsi una scelta assembleare in ordine alla fissazione di una gradazione dell’incidenza della perdita;
– poi le riserve statutarie, sia quelle libere che le vincolate;
– quindi i fondi rivalutazione, la parte di riserva sovrapprezzo equiparata alla legale, la riserva legale e,
– da ultimo il capitale.>>

La possibilità di tenere conto degli “utili di periodo” viene, dunque, ammessa dalla giurisprudenza prevalente al fine di rendere la riduzione di capitale il più possibile aderente alla situazione effettiva del patrimonio sociale: si tratta, infatti, di una riduzione nominale, attraverso la quale si adegua la dotazione di capitale alla consistenza (reale) del patrimonio.
Il computare gli utili di periodo, quindi, rappresenta un ulteriore presidio a tutela del capitale sociale, in un contesto applicativo nel quale vengono in rilievo non solo le riserve disponibili, ma anche quelle indisponibili, ivi compresa quella legale, che devono essere abbattute prima di aggredire il capitale sociale.
E in tal senso si esprimono anche le massime del Consiglio Notarile di Milano (Massima n. 68 del 22 novembre 2005, Copertura delle perdite e rilevanza degli “utili di periodo” (artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c.) secondo cui «L’abbattimento del capitale sociale per perdite può avere luogo solo previo utilizzo delle eventuali riserve, posto che, ove il capitale stesso fosse ridotto nonostante l’esistenza di altre voci di netto patrimoniale, si verserebbe nella diversa fattispecie della riduzione di cui agli articoli 2445 o 2482 c.c., e non in quella di riduzione per perdite. Tale esigenza implica che l’utile di periodo (cioè il risultato di segno positivo creatosi nel tempo compreso tra la chiusura dell’ultimo esercizio e la data di riferimento della situazione infrannuale) debba essere conteggiato ai fini della determinazione della misura della perdita da coprire, tutte le volte che la sua mancata considerazione determinerebbe riduzione del capitale»).

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