LA CASSAZIONE FA “RETROMARCIA”
A brevissima distanza dal “deragliamento” di cui all’ ordinanza del 5 Giugno 2018 n. 14326 in materia tributaria ma con forte incidenza civilistica sull’ inquadramento del “regime di comunione legale dei beni”, la Suprema Corte riafferma i principi e le finalità proprie della comunione legale dei coniugi con la Ordinanza n. 16604 del 22 Giugno 2018.
La Cassazione, richiamando le già citate sentenze 2109/2009 e 16355/2013, ha ritenuto ammissibili i motivi di ricorso, statuendo che “in tema di agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa […] il requisito della residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile deve essere riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l’immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell’art. 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso.”
L’Ordinanza centra e fa propri i principi e le caratteristiche della comunione legale e le differenze con la comunione ordinaria, evidenziando come il requisito di residenza nel caso di specie vada riferito alla famiglia ex art. 177 c.c. (residenza familiare) e non ai singoli soggetti (irrilevanza del mancato trasferimento di residenza da parte di uno dei coniugi in regime di comunione legale).
In tal modo viene repentinamente smentito quanto disposto dalla citata Ordinanza del 5 Giugno 2018 in cui si statuiva che : “nel caso d’acquisto di un fabbricato con richiesta delle agevolazioni prima casa, da parte di un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni, le dichiarazioni prescritte dalla legge de[vono] riguardare non solo il coniuge intervenuto nell’atto ma, anche, quello non intervenuto e de[vono] essere necessariamente rese da quest’ultimo”.
Gennaro Fiordiliso
A brevissima distanza dal “deragliamento” di cui all’ ordinanza del 5 Giugno 2018 n. 14326 in materia tributaria ma con forte incidenza civilistica sull’ inquadramento del “regime di comunione legale dei beni”, la Suprema Corte riafferma i principi e le finalità proprie della comunione legale dei coniugi con la Ordinanza n. 16604 del 22 Giugno 2018.
La Cassazione, richiamando le già citate sentenze 2109/2009 e 16355/2013, ha ritenuto ammissibili i motivi di ricorso, statuendo che “in tema di agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa […] il requisito della residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile deve essere riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l’immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell’art. 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso.”
L’Ordinanza centra e fa propri i principi e le caratteristiche della comunione legale e le differenze con la comunione ordinaria, evidenziando come il requisito di residenza nel caso di specie vada riferito alla famiglia ex art. 177 c.c. (residenza familiare) e non ai singoli soggetti (irrilevanza del mancato trasferimento di residenza da parte di uno dei coniugi in regime di comunione legale).
In tal modo viene repentinamente smentito quanto disposto dalla citata Ordinanza del 5 Giugno 2018 in cui si statuiva che : “nel caso d’acquisto di un fabbricato con richiesta delle agevolazioni prima casa, da parte di un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni, le dichiarazioni prescritte dalla legge de[vono] riguardare non solo il coniuge intervenuto nell’atto ma, anche, quello non intervenuto e de[vono] essere necessariamente rese da quest’ultimo”.
Gennaro Fiordiliso