VERSO IL CONCORSO : LA FUSIONE

                                                               VERSO IL CONCORSO: LA FUSION
La lettura coordinata dell’art. 2504-quater c.c. con l’ipotesi di assegnazioni di azioni ex art. 2504-ter c.c..

La ratio dell’art. 2504-ter c.c. è di facile interpretazione: “la norma è applicazione del principio generale di sterilizzazione delle azioni proprie e dispone che, se le società incorporate o fuse possiedono direttamente o indirettamente azioni proprie, per tali azioni non spetta il diritto al cambio in azioni della nuova società risultante dalla fusione (DI SABATO)”.
La società incorporante deve assegnare ai soci della incorporata azioni, secondo quanto stabilito nel rapporto di cambio. ll divieto posto dall’articolo de quo è tassativo; tant’è che il legislatore ha espressamente disciplinato, per  ribadire il suo no a qualsiasi forma di attività elusiva, anche l’ipotesi articolata tramite società fiduciarie o interposte persone.
Da questo assunto si deve dedurre che un procedimento fusorio articolato in palese contrasto col detto divieto, sia affetto sicuramente da una forma di invalidità.
Il che ci porta immediatamente ad una lettura organica dell’art. 2504-ter c. c. con l’art. 2504-quater c.c. (invalidità della fusione), per valutare l’ipotesi di applicabilità della cd “pubblicità sanante” alla fusione eseguita con assegnazione di azioni possedute dalla incorporata.
E’ evidente che il legislatore con il disposto dell’art. 2504 quater c.c. ha voluto garantire la certezza dei rapporti giuridici (oltre che economico-finanziari) a tutela della stabilità di una entità imprenditoriale, facendo salvo solo il diritto al risarcimento di eventuali danni da parte dei “danneggiati”.
E’ di altrettanta evidenza che il normato dell’art. 2504-ter c.c. tutela, in maniera assoluta e categorica, il diritto ai soci a conservare la propria partecipazione sociale che, in caso contrario, verrebbe meno a seguito dell’annullamento delle azioni della società a cui essi partecipavano.
Per formulare un corretto assetto ermeneutico bisogna inquadrare in primis in quale “ambito/status” giuridico ci porta l’inosservanza del perentorio divieto di cui all’ art. 2504-ter c. c.:
– nullità, annullabilità;
– inefficacia;
– inesistenza.
In secondo luogo bisogna avere ben chiara la portata ed i limiti o parametri di applicazione della “sanatoria” ex art. 2504-quater c.c..
Partendo dall’ analisi del secondo punto, è scontato che l’ art. 2504-quater c.c. va sicuramente ad incidere su quelle patologie del procedimento fusorio che determinano la nullità/annullabilità dell’ atto di fusione (orientamento consolidato in dottrina e giurisprudenza).
Più dubbia è l’ipotesi della sua applicazione all’ atto inefficace in quanto il presupposto sanante non dovrebbe (rectius non potrebbe) operare quando all’ iscrizione dell’ atto di fusione non segue la normale realizzazione degli effetti costitutivi della fusione (SANTAGATA).
Orientamento prevalente nel caso di inesistenza del negozio giuridico è che “tutte le volte in cui ci si trovi di fronte ad un presunto atto di fusione, senza che siano presenti gli elementi minimi di identificazione del concetto giuridico di fusione, la suddetta norma (art. 2504-quater c.c.) non potrà operare perché mancherebbero i presupposti stessi per la sua applicazione (CIVERRA)”.
Ciò posto, il problema diventa di natura interpretativa sulla scelta dottrinaria che si intende seguire.
Laddove si ritesse, seguendo l’ orientamento prevalente, che la mancata osservanza del divieto per cui “la società che risulta dalla fusione non può assegnare azioni in sostituzione di quelle delle società partecipanti alla fusione possedute” configuri una causa di nullità / annullabilità della fattispecie complessa del procedimento fusorio, sicuramente, eseguite le iscrizioni, l’ invalidità dell’ atto di fusione non può essere pronunciata.
Nel caso in cui si optasse per le teorie che ritengono in tali casi l’ atto inefficace o, addirittura, inesistente, sicuramente non potrebbe trovare applicazione il disposto dell’ art. 2504-quater c.c..
Per completezza riportiamo infine una nota sentenza della Cassazione (20 Dicembre 2005 n. 28242) la quale riafferma come il “processo di formazione”della fusione, che comprende più attività a partire dalla redazione ed iscrizione del progetto, dal verbale di approvazione del progetto per terminare con l’atto di fusione, sia da considerare un “unicum” giuridicamente inscindibile:
“La disposizione di cui all’ art. 2504-quater c.c., richiamata anche per le operazioni di scissione dell’ art. 2504-novies c.c. (oggi art. 2506-ter c.c.), secondo cui, una volta eseguita l’ iscrizione dell’ atto di fusione delle società, l’ invalidità dello stesso non può più essere dichiarata, pone una preclusione di carattere assoluto, che riguarda tanto il caso in cui si deducano vizi inerenti direttamente l’ atto di fusione, quanto l’ ipotesi in cui i vizi concernano il procedimento di formazione dell’ atto e della sua iscrizione; tale preclusione rimane operante anche nel caso in cui si asserisca che l’ impugnativa è meramente preordinata ad una futura ed ipotetica azione di risarcimento del danno nei confronti degli amministratori.”.
Gennaro Fiordiliso

                                                               VERSO IL CONCORSO: LA FUSION
La lettura coordinata dell’art. 2504-quater c.c. con l’ipotesi di assegnazioni di azioni ex art. 2504-ter c.c..

La ratio dell’art. 2504-ter c.c. è di facile interpretazione: “la norma è applicazione del principio generale di sterilizzazione delle azioni proprie e dispone che, se le società incorporate o fuse possiedono direttamente o indirettamente azioni proprie, per tali azioni non spetta il diritto al cambio in azioni della nuova società risultante dalla fusione (DI SABATO)”.
La società incorporante deve assegnare ai soci della incorporata azioni, secondo quanto stabilito nel rapporto di cambio. ll divieto posto dall’articolo de quo è tassativo; tant’è che il legislatore ha espressamente disciplinato, per  ribadire il suo no a qualsiasi forma di attività elusiva, anche l’ipotesi articolata tramite società fiduciarie o interposte persone.
Da questo assunto si deve dedurre che un procedimento fusorio articolato in palese contrasto col detto divieto, sia affetto sicuramente da una forma di invalidità.
Il che ci porta immediatamente ad una lettura organica dell’art. 2504-ter c. c. con l’art. 2504-quater c.c. (invalidità della fusione), per valutare l’ipotesi di applicabilità della cd “pubblicità sanante” alla fusione eseguita con assegnazione di azioni possedute dalla incorporata.
E’ evidente che il legislatore con il disposto dell’art. 2504 quater c.c. ha voluto garantire la certezza dei rapporti giuridici (oltre che economico-finanziari) a tutela della stabilità di una entità imprenditoriale, facendo salvo solo il diritto al risarcimento di eventuali danni da parte dei “danneggiati”.
E’ di altrettanta evidenza che il normato dell’art. 2504-ter c.c. tutela, in maniera assoluta e categorica, il diritto ai soci a conservare la propria partecipazione sociale che, in caso contrario, verrebbe meno a seguito dell’annullamento delle azioni della società a cui essi partecipavano.
Per formulare un corretto assetto ermeneutico bisogna inquadrare in primis in quale “ambito/status” giuridico ci porta l’inosservanza del perentorio divieto di cui all’ art. 2504-ter c. c.:
– nullità, annullabilità;
– inefficacia;
– inesistenza.
In secondo luogo bisogna avere ben chiara la portata ed i limiti o parametri di applicazione della “sanatoria” ex art. 2504-quater c.c..
Partendo dall’ analisi del secondo punto, è scontato che l’ art. 2504-quater c.c. va sicuramente ad incidere su quelle patologie del procedimento fusorio che determinano la nullità/annullabilità dell’ atto di fusione (orientamento consolidato in dottrina e giurisprudenza).
Più dubbia è l’ipotesi della sua applicazione all’ atto inefficace in quanto il presupposto sanante non dovrebbe (rectius non potrebbe) operare quando all’ iscrizione dell’ atto di fusione non segue la normale realizzazione degli effetti costitutivi della fusione (SANTAGATA).
Orientamento prevalente nel caso di inesistenza del negozio giuridico è che “tutte le volte in cui ci si trovi di fronte ad un presunto atto di fusione, senza che siano presenti gli elementi minimi di identificazione del concetto giuridico di fusione, la suddetta norma (art. 2504-quater c.c.) non potrà operare perché mancherebbero i presupposti stessi per la sua applicazione (CIVERRA)”.
Ciò posto, il problema diventa di natura interpretativa sulla scelta dottrinaria che si intende seguire.
Laddove si ritesse, seguendo l’ orientamento prevalente, che la mancata osservanza del divieto per cui “la società che risulta dalla fusione non può assegnare azioni in sostituzione di quelle delle società partecipanti alla fusione possedute” configuri una causa di nullità / annullabilità della fattispecie complessa del procedimento fusorio, sicuramente, eseguite le iscrizioni, l’ invalidità dell’ atto di fusione non può essere pronunciata.
Nel caso in cui si optasse per le teorie che ritengono in tali casi l’ atto inefficace o, addirittura, inesistente, sicuramente non potrebbe trovare applicazione il disposto dell’ art. 2504-quater c.c..
Per completezza riportiamo infine una nota sentenza della Cassazione (20 Dicembre 2005 n. 28242) la quale riafferma come il “processo di formazione”della fusione, che comprende più attività a partire dalla redazione ed iscrizione del progetto, dal verbale di approvazione del progetto per terminare con l’atto di fusione, sia da considerare un “unicum” giuridicamente inscindibile:
“La disposizione di cui all’ art. 2504-quater c.c., richiamata anche per le operazioni di scissione dell’ art. 2504-novies c.c. (oggi art. 2506-ter c.c.), secondo cui, una volta eseguita l’ iscrizione dell’ atto di fusione delle società, l’ invalidità dello stesso non può più essere dichiarata, pone una preclusione di carattere assoluto, che riguarda tanto il caso in cui si deducano vizi inerenti direttamente l’ atto di fusione, quanto l’ ipotesi in cui i vizi concernano il procedimento di formazione dell’ atto e della sua iscrizione; tale preclusione rimane operante anche nel caso in cui si asserisca che l’ impugnativa è meramente preordinata ad una futura ed ipotetica azione di risarcimento del danno nei confronti degli amministratori.”.
Gennaro Fiordiliso